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Cosa sono i derivati e quali tipologie esistono

11/11/2019

Dopo aver affrontato in questa rubrica alcuni tra gli strumenti finanziari più utilizzati in Italia dai trader privati (certificati, opzioni e cosa sono i future), continuiamo approfondendo le caratteristiche della grande famiglia dei derivati, cercando di rispondere ai frequenti quesiti che gli investitori formulano su di essi:

  • Cosa sono i derivati?
  • Su quali mercati sono quotati?
  • A cosa servono?
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La definizione: cosa sono i derivati

Partiamo dalla definizione di base: derivati è un modo sintetico per indicare gli strumenti finanziari derivati, ovvero strumenti d’investimento che derivano da altri beni o servizi, detti sottostanti. Il vantaggio di questo tipo apparentemente complesso di strumenti è che possiamo investire in un’amplissima gamma di beni e servizi senza in realtà farci carico della reale gestione dei beni o dei servizi negoziati.

Per esempio, possiamo comprare o vendere acciaio, pancetta di maiale, azioni, soia o petrolio senza per questo doverli stoccare nei nostri magazzini, con tutti costi e il fastidio che questo comporterebbe. Questo perché, in realtà, quando si negozia un derivato si negozia solo un “pezzo di carta” (virtuale), cioè un contratto o un titolo che fa riferimento a quel sottostante.

La nascita dei derivati

Comprendere il motivo di questa complicazione è facile, se si pensa al motivo per cui sono stati ideati. Le industrie per la trasformazione delle materie prime, soprattutto alimentari, possono acquistare dai allevatori e agricoltori ciò che serve loro (per esempio, la Buitoni compra un milione di tonnellate di grano all’anno per produrre la pasta) ancora prima dei raccolti o della macellazione; in questo modo entrambe le parti stilano un contratto in cui indicano quantità, prezzo alla consegna e data di consegna, cautelandosi da eventuali fluttuazioni di prezzo.

Però può succedere che una delle due parti cambi idea o strategia, e che quindi desideri liberarsi da un contratto diventato potenzialmente oneroso. Ecco quindi che ha la possibilità di andare su un mercato a cercare qualcuno che rilevi il contratto e lo onori al suo posto.

Nati quindi per supportare le attività dell’economia reale, i derivati sono diventati, passo dopo passo, gli strumenti principi della speculazione finanziaria, ovvero della ricerca del guadagno basato sulla variazione dei prezzi dei derivati stessi.

Le tipologie di derivati

Sulla base di un prototipo comune, i derivati si sono poi evoluti in diverse tipologie, a seconda delle necessità delle parti in causa. Poiché tutti i contratti e i titoli derivati hanno una scadenza e delle condizioni di vario genere, vi sono derivati che contengono l’obbligo di rispettare le condizioni (future) e altri che offrono la possibilità o meno di farlo (opzioni), alcuni che sono contratti (ancora i future) e altri titoli emessi dalle banche (covered warrant, certificati), la maggior parte che sono quotati in mercati regolamentati, altri che invece sono negoziati fuori mercato, cioè OTC o over-the-counter (CFD). Ovviamente ve ne sono molti altri, ma per lo più sono utilizzati da investitori istituzionali per gestire grandi masse di capitali (swap, unwinding, etc.).

Trading con i derivati

Fare trading con i derivati è un’attività complessa, perché presuppone la conoscenza, non solo dei meccanismi di funzionamento dei mercati e dell’analisi tecnica o fondamentale, ma perché l’andamento del prezzo gli strumenti stessi è influenzato da diverse variabili complesse e da gestire che agiscono in modo combinato.

Per fare un esempio, un future sull’acciaio o sul grano sarà influenzato non solo dalle dinamiche del mercato è cui è quotato, ma anche del mercato stesso del sottostante (es. sul mercato dell’acciaio impattano le vendite a basso prezzo dei produttori cinesi, sul grano la stagionalità, le piogge e quindi la qualità e la quantità dei raccolti nelle varie parti del mondo).

Per la grande difficoltà che un’analisi previsionale di tutti questi temi (tra cui citiamo anche le correlazioni tra mercati diversi, la volatilità, volumi e liquidità, il tempo restante alla scadenza, eventuali tappe intermedie come nel caso dei certificati, etc.) molti trader preferiscono basarsi soltanto sull’analisi tecnica e sull’uso di indicatori e oscillatori standard o sviluppati sulla base della propria esperienza. Ciò in quanto gli analisti sostengono che il prezzo di uno strumento finanziario quotato incorpora già tutte le possibili variabili.

I meno favorevoli a questa teoria la integrano con l’analisi fondamentale, ovvero con lo studio della correlazione tra prezzi di borsa e dati di bilancio delle aziende i cui titoli possono essere sottostanti di derivati (future sugli indici e sulle azioni, opzioni su azioni, etc.).

I mercati dei contratti derivati: l’IDEM e gli altri

In Italia il principale mercato regolamentato dei contratti derivati è l’IDEM, mentre il Sedex è il mercato (MTF, cioè multilateral trading facility) dei titoli derivati cartolarizzati.

L’IDEM è reso disponibile da circa 20 broker autorizzati da Consob a operare in Italia; su questo mercato è quotato uno degli strumenti più utilizzati dai trader del nostro Paese che è il FIB, ovvero il future sull’indice del mercato azionario italiano FTSE MIB, oltre a opzioni su azioni e future su azioni.

Il FIB è negoziabile sia nella sua versione “normale” che nella versione “mini”. Cosa vuol dire? Che i derivati possono essere negoziati soltanto per lotti minimi di sottostante, cioè per un numero definito di azioni, obbligazioni, contratti di altri derivati, etc. il che rende la loro compravendita finanziariamente onerosa. A differenza di quanto avviene per esempio per le azioni che possono essere negoziate anche per singole unità.

In Europa importanti mercati di derivati sono, tra gli altri, l’Eurex, l’SWX e lo Xetra tedesco, mentre negli USA i punti di riferimento sono il CME e il CBOT.

di Andrea Fiorini

 

 

 

L’articolo è di carattere divulgativo aggiornato alla data di pubblicazione. Per conoscere l’offerta della Banca consulta l’area Prodotti.

 

 

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