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La liquidità degli ETF

30/10/2019

I mercati sono imprevedibili, è un dato di fatto. Proprio per questo motivo si possono verificare momenti in cui la domanda e l’offerta, che trovano nel mercato il loro punto di incontro, non siano sufficientemente bilanciati. In questi momenti comprare o vendere uno strumento finanziario può richiedere tempo e non essere così immediato come pensiamo.

Se torniamo indietro al 2008, e più precisamente al fallimento di Lehman Brothers, che ha dato il via a una delle più grandi crisi finanziarie, vendere anche un BTP sembrava una cosa impossibile: nessuno comprava ma tutti, presi dal panico, volevano liberarsi degli strumenti finanziari. Questo perché tra i rischi intrinsechi degli strumenti finanziari c’è anche quello che è conosciuto come “rischio di liquidità”.

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Cos’è il rischio liquidità

Il rischio di liquidità è la capacità di un investitore di entrare e uscire dal mercato in maniera tempestiva, senza condizionare il prezzo degli strumenti finanziari. Questo rischio non è semplice da misurare a priori e spesso è trascurato ma può avere un impatto di rilievo. Più uno strumento è scambiato sui mercati e maggiore è il suo grado di liquidità.

Liquidità e ETF

Dopo aver visto il rischio di liquidità in senso lato vale la pena focalizzare l’attenzione su uno degli strumenti finanziari più scambiati: gli ETF.

Nel caso delle azioni l’offerta è limitata o fissa in base alle quote di titoli in circolazione sul mercato, quindi è il lato della domanda ad impattare sul prezzo, nel caso degli ETF l’offerta di titoli è illimitata e, in base alla domanda, è in grado di aumentare o diminuire. Questa potenziale e illimitata offerta di titoli rende praticamente sempre liquidabile l’ETF in questione. Se una grande quantità di ETF deve essere venduta, ma non si trovano compratori sul mercato secondario, si riduce l’offerta complessiva.

 

 

Perché è possibile questo?

Tutto è legato al processo di creazione e di riscatto. L’ETF è un fondo aperto e questo significa, per definizione, che il numero delle quote può variare, anche quotidianamente, in base alle richieste dello stesso mercato. All’aumentare dei volumi si registra un aumento o una riduzione delle quote dello strumento stesso e delle masse in gestione senza che il prezzo risenta di questo processo. Per gli ETF infatti il volume degli scambi è slegato dal concetto di liquidità.

Quando un investitore privato decide di comprare (o vendere) un numero di quote che non sono attualmente disponibili sul mercato interviene una figura chiave che prende il nome di “partecipante autorizzato”, il cui obiettivo è fare in modo che il rapporto tra domanda e offerta di ETF sia stabile.

In caso di aumento della domanda, il partecipante autorizzato inoltra la richiesta alla “casa produttrice” dell’ETF che, in cambio di un ammontare di liquidità pari al controvalore del paniere titoli da replicare, impacchetta e “crea” le quote necessarie. In caso di aumento dell’offerta è lo stesso partecipante autorizzato a riconsegnare le quote alla casa produttrice in cambio della liquidità; la stessa casa produttrice provvederà alla cancellazione delle quote.

Questo è il meccanismo che consente di mantenere in equilibrio la domanda e l’offerta di ETF senza incidere sul prezzo finale dello strumento. La liquidità degli ETF non dipende solo dalle loro caratteristiche intrinseche (volumi e masse gestite) ma anche dalle caratteristiche degli strumenti sottostanti, elemento presente nel processo di scambio tra il partecipante autorizzato e la casa produttrice. Tuttavia, la presenza di questi due attori garantisce la piena liquidabilità degli strumenti finanziari.

di AdviseOnly

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L’articolo è di carattere divulgativo aggiornato alla data di pubblicazione. Per conoscere l’offerta della Banca consulta l’area Prodotti.

 

 

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